S.I.p.e.m.i. Sistemi Informativi Materiali Innovativi

PRIMA SEZIONE

La prima sezione offre un quadro complessivo ed esaustivo della situazione nazionale e, in modo vieppiù approfondito locale, del settore imprenditoriale legato allo sviluppo e all'impiego dei materiali innovativi; fotografa dal punto di vista socio-economico il rapporto esistente sul territorio tra università-formazione e impresa e, attraverso i dati dell'8° censimento dell'industria, fornisce il quadro generale del rapporto tra occupazione e imprese del comparto.

PREMESSA

Come diffondere nel Lazio, e più in generale in Italia, la cultura d'impresa nei processi formativi e la cultura dei processi formativi nell'impresa? Come favorire la maggiore integrazione fra università e industria? Quali sono i fattori di successo che in alcuni Paesi europei hanno favorito il diffondersi di queste esperienze di partenariato? Che ruolo può avere l'impresa nel processo di formazione? Il progetto SIPEMI vuole essere una concreta risposta a molte di queste domande. Sipemi è nato infatti dalla volontà di rendere strutturale e non facoltativa la collaborazione tra università e impresa in un settore davvero strategico dell'offerta formativa degli atenei: quello delle lauree triennali. A ciò si aggiunga che la sperimentazione prodotta è avvenuta in un ambito di attività produttiva estremamente avanzato e soggetto a continue mutazioni dovute all'innovazione tecnologica: i materiali innovativi ed in particolare i compositi. Sipemi nasce dalla consapevolezza che didattica, ricerca e trasferimento tecnologico costituiscono una triade irrinunciabile per far fronte all'attuale crisi dei mercati internazionali e per recuperare il deficit di competitività del nostro paese. Occorre dunque una maggiore apertura delle imprese verso il mondo della formazione, una crescente disponibilità a contribuire, con concrete offerte di collaborazione e non solo con dichiarazioni di intenti, ad un'evoluzione dei processi di formazione verso traguardi di maggiore efficacia. Ai giovani interessa fare esperienza e conferire senso operativo al sapere conseguito nell'università. In un'azienda, ad esempio, si apprende a controllare i rapporti costi e benefici, si impara l'uso degli strumenti operativi, di previsione, di controllo; si apprende che la competitività del sistema è direttamente proporzionale alla cooperazione tra i singoli e al loro gioco di squadra. Occorre creare una sintesi fra conoscenze scientifiche, lo sviluppo dell'intelligenza e della ragione, il saper fare, la tecnologia, la produzione, il prodotto. Sono questi i motivi che giustificano l'attenzione di Sipemi verso il sistema delle imprese. I risultati del progetto sono incoraggianti. Esiste uno spazio preciso per le lauree brevi in ben definite aree professionali nelle imprese; esistono abbondanti margini di intesa e di interesse reciproco a meglio tarare e coniugare i percorsi universitari brevi con le aspettative aziendali di conoscenze e competenze acquisite prima dell'ingresso in azienda. Il progetto Sipemi è terreno fertile da cui partire per innescare nuove collaborazioni impresa - università, per implementare un partenariato strutturale e favorire il percorso virtuoso didattica – stage – docenza aziendale – inserimento lavorativo.

La collaborazione università-impresa

Fattori di competitività del nostro Paese è certamente la capacità di promuovere le innovazioni e di intensificare la ricerca industriale, in un processo di trasformazione delle conoscenze che deve coinvolgere, al tempo stesso, come protagonisti il sistema formativo e quello produttivo. L'esperienza dei Paesi più avanzati dimostra che è dalla collaborazione tra il mondo dell'educazione e quello produttivo e del lavoro che derivano alcuni tra i fattori di successo dell'innovazionee della competitività delle imprese. In questo contesto la collaborazione tra industria e mondo accademico tende a diventare un aspetto del nuovo modo di intendere e di governare il problema della crescita economica e sociale della società odierna. Ne deriva la necessità di diversificare i percorsi formativi finalizzati alla preparazione dei lavoratori di domani, la cui professionalizzazione è una parte complessa del processo formativo, che non può certo essere realizzata da una sola agenzia (università o impresa che sia), ma nasce dall'azione intenzionale e coordinata di più soggetti. Le esperienze europee, quindi, mostrano una crescente necessità di integrazione tra i saperi tecnici/professionali ed i saperi sociali e trasversali per la preparazione dei giovani al lavoro, valorizzando la possibilità di compiere attività pratiche durante il percorso formativo, sotto forma di di alternanza, stage ed altre esperienze definibili come percorsi misti.

Un dialogo necessario

Il rapporto tra cultura e produzione, quindi, tra sistema delle conoscenze e sviluppo materiale, è fondativo della nostra stessa civiltà e ne costituisce non solo la più intima identità, ma anche il fattore strutturale di successo e di rischio. È questa evidenza che impone agli operatori economici, e soprattutto agli imprenditori, una particolare attenzione ai problemi dell'università, che costituisce da sempre una delle sedi più importanti di produzione, accumulazione e distribuzione delle conoscenze ed una delle variabili strategiche dello sviluppo economico e sociale. Per il sistema industriale la conoscenza è un imperativo sociale. E se è vero che l'università italiana ha contribuito, dal dopoguerra, alla costruzione di una società industriale avanzata, è anche vero che oggi il mondo dell'industria non può non tener conto del deficit strutturale che affligge il sistema accademico nazionale. La strada da percorrere è, allora, quella di una pluralità di interventi da attivare contestualmente, in funzione di obiettivi di sviluppo e di innovazione determinati. Occorre un dialogo strutturale, articolato, ai vari livelli, attraverso il quale l'università possa acquisire gli strumenti per incorporare organicamente, nella sua stessa struttura, la gestione del cambiamento . Superando i volontarismi ed elevando a sistema le esperienze eccellenti, è necessario, dunque, che gli attori di questo cambiamento – l'università e l'industria - procedano insieme, nella comune consapevolezza che non è l'impresa ad invadere l'università ma è, al contrario, il sapere che invade il mondo produttivo.

La laurea breve: una strada diversa per un obiettivo comune

Il livello intermedio della forza lavoro si configura come come un'area nevralgica rispetto alle future possibilità di sviluppo del sistema industriale nel suo complesso. Il Diploma Universitario e la Laurea Breve nascono proprio per colmare una lacuna dell'ordinamento degli studi del nostro Paese, consentendo al sistema formativo italiano di riconoscere piena dignità al sistema di diversificazione dei canali di formazione superiore: accanto alla formazione post diploma, infatti, essi hanno corretto la rigidità eccessiva esistente in Italia tra il livello della maturità scolastica e quello della laurea. La creazione dei suddetti indirizzi ridefinisce anche quel rapporto di stretta collaborazione ed integrazione che deve esserci tra mondo produttivo e mondo formativo, e da questo deriva l'attenzione rivolta dal mondo delle imprese alla loro valenza innovativa. In tale contesto il progetto Sipemi vuole contribuire proprio a definire i principi salienti di una cooperazione sistematica e continua fra università e mondo imprenditoriale, con particolare attenzione alla valorizzazione ed implementazione di attività formative, di ricerca ed innovazione, mirate all'evoluzione del mercato del lavoro. In generale sono individuati fabbisogni professionali correlati alle lauree brevi di ingegneria sia di tipo trasversale, cioè comuni a tutte le imprese, sia di tipo più settoriale e locale, legati, cioè, alla specificità dei prodotti e del territorio laziale. La correlazione tra fabbisogni professionali e laurea breve sposta, comunque, verso l'alto il profilo delle competenze attese, con una sensibile crescita della competenza diagnostica, che consiste nel reperire trattare ed interpretare le informazioni di cui il potenziale lavoratore è in possesso. Le aziende che sottolineano l'importanza e l'esigenza di un percorso formativo garantito dalla laurea breve assegnano un peso maggiore alla formazione in alternanza tra studio e lavoro, nonché alla formazione esterna, rispetto ad una formazione fatta per semplice affiancamento ed alla formazione aziendale. E sono proprio alcune specifiche caratteristiche che denotano la specificità di tale percorso formativo e che si configurano come fattore di successo: dall'eccellenza delle strutture didattiche e delle risorse in termini di materiali e laboratori ad una didattica accurata che ottimizza il rapporto docente/studente utilizzando le nuove tecnologie didattiche e dell'informazione; dalla rete di relazioni con le aziende e di convenzioni stipulate alla possibilità concreta di effettuare un tirocinio professionale, fino alla certezza di uno sblocco occupazionale coerente con gli studi compiuti e la rapidità dell'inserimento professionale. Occorre potenziare proprio il rapporto tra università, impresa e territorio, non solo locale ma in prospettiva europea, per liberare ulteriormente l'università italiana dalla sua gelosa autoreferenzialità, facendola aprire, invece, alla creazione di un rapporto strutturale e funzionale con le imprese. Il livello intermedio della forza lavoro si configura come come un'area nevralgica rispetto alle future possibilità di sviluppo del sistema industriale nel suo complesso. Il Diploma Universitario e la Laurea Breve nascono proprio per colmare una lacuna dell'ordinamento degli studi del nostro Paese, consentendo al sistema formativo italiano di riconoscere piena dignità al sistema di diversificazione dei canali di formazione superiore: accanto alla formazione post diploma, infatti, essi hanno corretto la rigidità eccessiva esistente in Italia tra il livello della maturità scolastica e quello della laurea. La creazione dei suddetti indirizzi ridefinisce anche quel rapporto di stretta collaborazione ed integrazione che deve esserci tra mondo produttivo e mondo formativo, e da questo deriva l'attenzione rivolta dal mondo delle imprese alla loro valenza innovativa. In tale contesto il progetto Sipemi vuole contribuire proprio a definire i principi salienti di una cooperazione sistematica e continua fra università e mondo imprenditoriale, con particolare attenzione alla valorizzazione ed implementazione di attività formative, di ricerca ed innovazione, mirate all'evoluzione del mercato del lavoro. In generale sono individuati fabbisogni professionali correlati alle lauree brevi di ingegneria sia di tipo trasversale, cioè comuni a tutte le imprese, sia di tipo più settoriale e locale, legati, cioè, alla specificità dei prodotti e del territorio laziale. La correlazione tra fabbisogni professionali e laurea breve sposta, comunque, verso l'alto il profilo delle competenze attese, con una sensibile crescita della competenza diagnostica, che consiste nel reperire trattare ed interpretare le informazioni di cui il potenziale lavoratore è in possesso. Le aziende che sottolineano l'importanza e l'esigenza di un percorso formativo garantito dalla laurea breve assegnano un peso maggiore alla formazione in alternanza tra studio e lavoro, nonché alla formazione esterna, rispetto ad una formazione fatta per semplice affiancamento ed alla formazione aziendale. E sono proprio alcune specifiche caratteristiche che denotano la specificità di tale percorso formativo e che si configurano come fattore di successo: dall'eccellenza delle strutture didattiche e delle risorse in termini di materiali e laboratori ad una didattica accurata che ottimizza il rapporto docente/studente utilizzando le nuove tecnologie didattiche e dell'informazione; dalla rete di relazioni con le aziende e di convenzioni stipulate alla possibilità concreta di effettuare un tirocinio professionale, fino alla certezza di uno sblocco occupazionale coerente con gli studi compiuti e la rapidità dell'inserimento professionale. Occorre potenziare proprio il rapporto tra università, impresa e territorio, non solo locale ma in prospettiva europea, per liberare ulteriormente l'università italiana dalla sua gelosa autoreferenzialità, facendola aprire, invece, alla creazione di un rapporto strutturale e funzionale con le imprese.

La cultura di impresa: una sfida per giovani

E' una sfida, dunque, quella che l'idea di una nuova cultura di impresa deve proporre ai giovani lavoratori di oggi e di domani: creare una sintesi tra le conoscenze scientifiche, lo sviluppo dell'intelligenza e della ragione, il saper fare, la tecnologia, la produzione e d il prodotto. Una sintesi, cioè, tra le potenzialità della mente e le risorse della natura e della tecnologia, sintesi che inevitabilmente si scontra e si ridefinisce continuamente in uno spazio concreto, il mercato. Sono questi i motivi che spiegano e giustificano la presenza del sistema delle imprese nell'ambito del progetto Sipemi. Occorre innovare nella formazione scientifico-tecnologica, svecchiare i programmi, inserire nuove energie intellettuali, provenienti dalle imprese, nella docenza universitaria. Ma occorre soprattutto che il partenariato formativo sia riconosciuto da giovani come fattore di successo nel percorso universitario: non tutti i diplomi universitari e le lauree brevi accrescono le chance occupazionali dei giovani. Occorre evidenziare, oientando i giovani, le caratteristiche professionalizzanti di quei percorsi universitari che nascono in stretto rapporto tra università e sistema produttivo territoriale, liberando l'università da posizioni autarchiche e mettendo alla prova dei fatti la capacità del mondo aziendale di costituire una risorsa formativa per l'università. L'Università può e deve guardare all'impresa, in un momento in cui le forme di lavoro vanno fortemente differenziandosi, anche come ad un significativo fenomeno culturale. Investita dall'innovazione, l'impresa, nell'affrontare i propri problemi di natura organizzativa e gestionale, ricerca, impara e determina apprendimento in coloro che vi operano; ogni impresa, nel produrre beni e servizi, nel cercare di ottimizzare processi e risultati, inventa o impara qualcosa: l'impresa stessa diventa un sistema di apprendimenti, dove ad apprendere sono le persone, i gruppi, le funzioni, l'organizzazione. Questo è sicuramente un dato che può interessare i giovani, l'impresa come palestra dell'impegno operativo, come luogo in cui all'enfasi del fare va affiancandosi sempre più l'opportunità e le necessità di capire, ricercare, individuare e risolvere i problemi, prefiggersi e conseguire risultati tangibili. L'impresa può candidarsi, quindi, come contesto di formazione continua, come sede di integrazione di saperi, come fonti di relazioni e di opportunità, come luogo di produzione, di ricchezza e di risultati, di espressione, di capacità e di competenze.

Lavoro e formazione: una rivoluzione silenziosa

Negli ultimi decenni, tuttavia, si è consumata nel mondo dell'industria una rivoluzione silenziosa. È cresciuto enormemente, infatti, l'impegno formativo delle aziende, protagoniste del passaggio da un prevalente fabbisogno di lavoro manuale (manodopera) alla diffusa necessità che chiunque lavori in una moderna organizzazione produttiva disponga di elevata partecipazione e metta a frutto l'intelligenza e la creatività (mentedopera). Ed è questo passaggio che ha connotato i caratteri dello sviluppo in senso moderno. Le tendenze in atto dell'economia e nel sistema produttivo evidenziano non solo l'emergere dei profili professionali del tutto nuovi, ma anche che la maggior parte di problemi ruota intorno alla revisione ed alla riattualizzazione dei profili tradizionali, in termini di competenze aggiuntive, di polivalenza, ma soprattutto in termini di struttura profonda della professionalità. Dal mondo delle imprese emerge dunque, chiaramente, l'esigenza di una cultura del lavoro nuova, esigenza che, probabilmente, più che esprimere un cambiamento già completamente avvenuto, costituisce la parola d'ordine su cui fondare il nuovo corso dello sviluppo. In cosa consista questa nuova cultura e di cosa si nutra è un dato noto, e l'autoresponsabilizzazione, l'interazione sociale, la flessibilità, l'integrazione, sono solo alcune delle parole chiave del nuovo linguaggio tra i sistemi formativo e produttivo; resta il problema di come dare risposte operative e coerenti sul versante formativo. Il nuovo modo di produrre comporta, dunque, un diverso equilibrio tra dimensione tecnologica e dimensione umana, mettendo in discussione la gerarchia dei valori che nella cultura industriale classica aveva assunto un carattere quasi dogmatico. Il lavoro intellettuale, oggi, non è solo il lavoro degli intellettuali, ma accumuna un numero crescente di attività e di profili professionali. Nel mondo del lavoro tenderanno sempre più ad affermarsi le capacità creative ed interpretative dell'uomo, ed è per questo che diventa indispensabile fondare e condividere una diversa cultura del lavoro, in cui non esite più il controllo del gendarme esterno, ma la responsabilità della miglior gestione del proprio spazio discrezionale. Non si tratta di utopia del nuovo mondo, ma di una sfida concreta, che richiede una forte alleanza, un forte impegno comune tra generazioni.






ATS tra: Centro Studi Achille Grande - Università di Roma La Sapienza Dipartimento di Meccanica e Aeronautica - OROS Progetti e Ricerche srl